Francesco Gentili è un imprenditore agricolo di trenta anni, titolare dell’azienda Furia Bio situata a Monterocco, ad Ascoli Piceno, che già nel nome ne descrive i caratteri distintivi, offrendo prodotti biologici, derivanti da tecniche di bioagricoltura, ovvero totalmente rispettose dell’ambiente circostante e del territorio (dal dialetto ascolano Furia che significa molto).
Dopo un corso di studi universitari interrotto, a Bologna, e spiacevoli vicende familiari personali, Francesco tre anni fa torna ad Ascoli, la sua città, senza un lavoro e senza più il papà, venuto a mancare in quel momento. Decide così di reinventarsi, coltivando un piccolo orticello in un pezzo di terreno preso in affitto da un amico: “Quando sono tornato ad Ascoli ero senza lavoro per cui inizialmente ho cercato di arrangiarmi facendo i lavori più disparati, da magazziniere ad addetto al montaggio del palco nei concerti ad altro ancora. Ho sempre amato la natura, la montagna, stare all’aria aperta così tre anni fa ho deciso di prendere in affitto un pezzo di terra da un mio amico ed ho iniziato a coltivare un piccolo orto; solo in un secondo momento ho cominciato anche con gli uliveti per poi andare a lavorare da un’anziana signora ascolana che mi ha insegnato tutto quanto c’era da sapere sull’orto. Infine, a dicembre scorso ho aperto a Monterocco l’azienda agricola Furia bio”.
A differenza, però, di quanto ha appreso Francesco nelle esperienze precedenti, nella sua azienda non si utilizzano prodotti chimici: “Per millenni, come l’agricoltura tradizionale insegna, i contadini non hanno usato sostanze chimiche per concimare i terreni; poi nel dopoguerra il benessere ha portato all’utilizzo di diserbanti e prodotti chimici perché in questo modo i tempi di lavoro si riducevano e di conseguenza il guadagno aumentava. Nell’ignoranza di allora tutto questo è comprensibile ma oggi come oggi nessuno può non essere consapevole dei danni che tale tipo di agricoltura causa all’ambiente ed alla salute delle persone. L’obiettivo di ogni agricoltore deve essere quello di produrre cibo il più sano possibile ed il primo passo per raggiungerlo è eliminare la chimica per poi selezionare i semi migliori per il proprio terreno; questo è quello che faccio io nella mia azienda e sfruttando la fertilità della terra riesco a produrre ortaggi di stagione quali insalata, peperoni, spinaci, piselli, fagioli e molti altri. Per ora sono soddisfatto di quello che faccio”.
La fertilità del terreno coltivato da Francesco è garantita dalla micorrizazione, un processo mutualistico di simbiosi radicale tra funghi e piante superiori per cui due organismi che vivono a stretto contatto portano avanti il loro ciclo vitale traendo benefici reciproci, sia di natura nutrizionale che di altro genere: “Facciamo delle lavorazioni a terreno con il trattore cercando di riprodurre quanto avviene in natura e di mantenere la biodiversità locale, cosa che dovrebbero fare tutti; trapiantiamo delle piantine e qualche seme senza usare una quantità eccessiva di acqua che andrebbe a favorire processi fungini ed utilizziamo la tecnica dell’autoconcimazione in base alla quale i microrganismi presenti all’interno del terreno, così come la flora batterica è presente nel nostro intestino, attraverso i loro piccoli canali mettono in collegamento una pianta con l’altra, trasmettendone il nutrimento. Producendo ogni pianta di più di quanto necessita, attraverso questo metodo ognuna prende il nutrimento dove vuole e la biodiversità viene salvaguardata”.
Quello in questione è il metodo Manenti, una tecnica di coltivazione innovativa messa a punto dall’omonima azienda agricola che permette di realizzare in campo agronomico il frutto dei recenti studi sulla microbiologia dei suoli. Queste tecniche salvaguardano quei fattori riguardanti l’interazione dei microrganismi tra loro e come tramite tra il mondo inorganico e quello vegetale che operano spontaneamente negli ambienti non coltivati, costituendo così la base della nutrizione delle piante in natura, garantendo un’elevata produttività ed una naturale fertilità del suolo senza alcun utilizzo di fertilizzanti o fitofarmaci.
Il caso di Francesco è l’ennesimo in cui, a livello locale e non solo, un giovane senza lavoro decide quasi per caso o per situazioni contingenti di dedicarsi all’agricoltura che si dimostra ancora una volta un settore in crescita, nonostante probabilmente non sia adatto a tutti: “Amo il mio lavoro perché mi da enormi soddisfazioni e mi consente di vivere a contatto con la natura. Certo è faticoso e quando piove è meno gradevole ma ogni attività ha i suoi pro ed i suoi contro e la mia mi consente a fine giornata di dedicarmi ad i miei affetti ed interessi, a differenza di chi passa l’esistenza a lavorare senza però viverla. Il mio è un lavoro bellissimo ma non è per tutti perché la fatica fisica, le difficoltà iniziali a livello economico e burocratico e soprattutto la mancanza di conoscenza, quando si inizia questa attività, delle tecniche più giuste per ogni terreno, può portare a scoraggiarsi. A mio avviso lo Stato dovrebbe concedere un periodo di prova di un paio di anni ai giovani intenzionati ad intraprendere questa attività in modo tale che possano provare a dedicarcisi senza incartamenti vari e spese eccessive e soprattutto guidati nella conoscenza e nell’apprendimento dei vari metodi di coltivazione che siano totalmente rispettosi dell’ambiente”.