Chiara Galentsios è una studentessa universitaria che ha scoperto un nuovo materiale ecosostenibile ricavato dalle bucce di banana. Laureata in Scienze e Tecnologie della Conservazione dei Beni Culturali e del Restauro e in Disegno Industriale ed Ambientale all’Università di Camerino, ha avviato il suo progetto durante quest’ultima laurea triennale con la supervisione dei professori Carlo Santulli e Mirco Palpacelli. Ha pubblicato il suo studio sul Basic and Applied Research International con il denominativo di “DIY bioplastic“, ovvero bioplastica fai da te. Per il momento ci ha creato oggetti di bigiotteria (collane, bracciali, anelli) aromatizzati con essenze provenienti dalla Grecia, della quale Chiara è originaria, come mastica (resina ottenuta dal lentisco) e ouzo (distillato secco ad alta gradazione alcolica).
Ma cos’è veramente il Banpur e quali sono le sue applicazioni? Chiara ha risposto a qualche domanda per spiegare bene il suo funzionamento.
Come è nato il progetto?
Il progetto nasce durante il mio percorso universitario presso l’Unicam, dove mi sono laureata in Disegno Industriale e Ambientale. Gli ingredienti dell’impresa sono stati in parti uguali: passione per la ricerca, curiosità e voglia di creare qualcosa di nuovo. Così è nato questo materiale completamente naturale, riciclato e riciclabile, basato sulla seconda vita di quello che normalmente è considerato un vile rifiuto: le bucce di banana. Partendo da quello scarto, ho realizzato alcuni piccoli oggetti di design, in particolare una collezione di bigiotteria. Il nuovo materiale, che ho chiamato Banpur, l’ho sviluppato accoppiando lo scarto agroalimentare con altri materiali “leggeri” e naturali, compresi quelli che lo aromatizzano.
Come hai avuto l’idea delle bucce e perché si chiama Banpur?
L’idea nasce da una constatazione molto semplice: le bucce di banana sono uno scarto agroalimentare molto diffuso. Basti pensare a quante banane si consumano nel mondo ed in particolare in Italia, dove la banana, anche per la facilità di conservazione, è onnipresente nelle mense scolastiche e nei posti di lavoro o nelle strutture per anziani. È un frutto che produce un’abbondante varietà di sottoprodotti: foglie, bucce, pseudo-fusto, midollo, germoglio, ecc. Insomma, un invito irresistibile per chi cerca materia prima di tutto abbondante ed a buon mercato. Ho raccolto questo invito perché credo che la rivalorizzazione degli scarti sia essenziale nella ricerca di quella nuova sostenibilità che tutti invocano e che dovrebbe anche essere praticata. Quanto al nome, la faccenda è molto più semplice di quanto si possa immaginare. Le prime tre lettere richiamano naturalmente il frutto di provenienza, mentre le ultime tre… provate a indovinare!
Quali sono le funzioni di questo materiale bioplastico?
Attualmente Banpur è stato utilizzato per la creazione di piccoli oggetti di bigiotteria da donna. Prima però è stato sottoposto a prove, sopratutto fisiche e meccaniche, presso il laboratorio dell’Istituto Fermi di Ascoli Piceno. Il materiale è stato promosso a pieni voti perché ha dimostrato solidità e resistenza. Questo mi fa sperare che, dopo l’esordio modaiolo sotto forma di piccoli monili, il Banpur possa avere un brillante futuro nello sterminato campo della bioedilizia.
Che tipo di bigiotteria è possibile realizzare con questo materiale?
Ho fabbricato finora piccoli gioielli dal design caratterizzato da forme elementari, secondo me adatte ad una ragazza così come a una donna adulta. Per ora non ho voluto nascondere il colore naturale, direi quasi “grezzo”, del materiale, che secondo me, da un punto di vista estetico, è uno dei suoi punti di forza. Ma questo, naturalmente, lo lascio giudicare agli altri.
Altri usi?
Me ne vengono in mente alcuni milioni… Scherzo, però credo che davvero possano essere tantissimi, e spero di avere la possibilità di realizzarne una buona parte. Preferisco, prima di parlarne, aspettare che si realizzino.
Il progetto avrà delle applicazioni pratiche su scala industriale?
È esattamente la mia aspirazione, penso che il Banpur se lo meriti proprio.
Donatella Rosetti