“La storia è una ruota, prima o poi si torna al principio e si ricomincia”. Nei miei ricordi di bambina questa frase riecheggia più volte, affidata alla saggezza di mia nonna. Ci penso spesso e ci ho pensato anche oggi, mentre Andrea Ferracuti mi raccontava la sua storia.
Fermano, classe 1987, Andrea intraprende un percorso di studi in Scienze Bancarie, interrompendolo poi per cogliere al volo una buona opportunità lavorativa in una nota azienda calzaturiera del territorio. Una posizione ottima, un traguardo che tanti studenti inseguono per anni dopo la laurea e che magari non riescono neppure a raggiungere. Eppure c’è qualcosa che manca, pensa Andrea: “La mia famiglia ha avuto un’azienda agricola per 30 anni, occupandosi però della grande distribuzione. Affascinante, ma io volevo fare qualcosa di diverso: ripartire da dove loro si erano interrotti ma riportando tutto ad un piano locale, completamente a km 0”.
Ri-nasce così l’azienda agricola Spigaverde, 8 ettari che si estendono in Contrada Girola 2 (Fermo) dedicati alla coltivazione, lavorazione e vendita di cereali vari: “Siamo partiti dal farro, scegliendo di dedicargli la porzione più ampia in un momento in cui in pochissimi si dedicavano a questa coltura. Poi sono arrivati ceci, mais nostrano, lenticchie e legumi vari, tutti uniti da un comune denominatore: la loro vita si svolge qui, dalla nascita fino alla disposizione in scaffale”.
Sì, perché la filiera è davvero tutta compresa nella parentesi di questo angolo di paradiso: il grande casale ospita una decorticatrice, adoperata per “spogliare” alcuni cereali delle loro bucce, e un grande mulino a pietra, fiore all’occhiello dell’azienda, che Andrea amministra con perizia e olio di gomito. Una volta lavorati, i prodotti vengono confezionati e venduti all’interno dello spazio adibito a punto vendita dove “le 7 meraviglie”, farine macinate di vario tipo, fanno bella mostra di sé accanto a pasta di semola di grano duro, pasta di farro, zuppe, farro, legumi e molto altro. “Lavoriamo sementi tipiche del territorio, come la Jervicella, accanto ad altre che provengono da zone diverse ma che hanno trovato nel nostro terreno il luogo adatto in cui crescere e prosperare. Un esempio è una varietà di ceci della zona di Norcia che sono riuscito a far attecchire qui e che ho lavorato sempre con metodi tradizionali”. A beneficiarne non è solo il palato ma anche l’ambiente, poiché la coltivazione di cereali antichi e sementi tipiche di alcuni territori garantiscono il rispetto della biodiversità, contribuendo anche a creare una memoria tra la tavola e chi vi siede intorno. Il cibo, dopotutto, è anche e soprattutto questo: un legame.
Sottolineare l’aspetto della tradizione e della territorialità non è solo uno slogan, ma un vero e proprio valore aggiunto a livello nutrizionale. La riscoperta di alcuni grani antichi unita al rispetto per la lavorazione artigianale contribuiscono al raggiungimento di una qualità che la distribuzione su larga scala non riesce ad eguagliare, dovendo produrre enormi quantità in tempi sempre ridotti. La macinatura a pietra, infatti, permette di mantenere le proprietà nutritive inalterate, laddove le tecniche di lavoro industriali raffinano troppo il grano privandolo di tutte le sue naturali caratteristiche. Naturalmente accade che questo si rispecchi nei prezzi, che nel caso di grani antichi soprattutto può non essere economico come nel caso delle normali farine prodotte con tecniche industriali.
Andrea tuttavia, con la franchezza e la genuinità di chi fa questo mestiere, mette in guardia su questo aspetto: “Mi capita molto spesso di parlare con clienti che confondono il prezzo del prodotto col suo valore, ma non è detto che l’equivalenza sia sempre esatta. Alcuni produttori giocano un po’ sull’ abitudine di alcuni consumatori di associare l’alta qualità con un’alta spesa, nascondendosi dietro l’etichetta del “bio” ma di per sé una fogliolina verde stampata su una confezione non è garanzia di tipicità né di un certo tipo di lavorazione”. Per questo l’azienda Spigaverde non adotterà la dicitura “biologico”, almeno fin quando, continua Andrea “non ci sarà un protocollo netto e dei controlli che garantiscano davvero una determinata qualità”.
Riscoperta delle antiche tecniche di produzione e valorizzazione del territorio sono il leit-motiv di questa azienda il cui motto, non a caso, è riassunto nell’iconica frase “dalla spiga alla tavola” che rimanda ad una dimensione familiare quasi d’altri tempi. Qui infatti avviene tutto il famiglia, a partire dalla divisione dei compiti: mamma Iginia e papà Gabriele si occupano delle fasi di semina e trebbiatura mentre Andrea segue il laboratorio e la vendita, alternandosi anche con la promozione e la partecipazione ad alcuni degli eventi targati CampagnaAmica, promossi dalla Coldiretti.
“La storia è una ruota”. Continua a tornarmi alla mente questa frase che da piccola mi appariva come una lezione troppo lontana da me, un insegnamento da destinare ad un’altra fase della mia vita, tutta presa com’ero ad inventarmene una tutta nuova. Ma forse, in quello che ora considero un piccolo postulato dell’esistenza, c’era l’idea che per costruirsi un futuro non si può fare a meno di riprendere il discorso dal punto in cui qualcuno l’ha interrotto prima di noi, per ritrovarci, fatalmente, a ripercorrerne le stesse tappe, espandendo sempre più la circonferenza di questa mitologica ruota. Andrea con la sua Spigaverde ci è arrivato prima di me e come lui, per fortuna, molti altri si dedicano alla riscoperta del passato in chiave culinaria e alla valorizzazione delle origini del proprio territorio, nelle Marche e non solo. Viaggiare – e mangiare – per credere!
Daria Luzi