I pescatori non possono portare a terra i rifiuti che trovano in mare perché non sono autorizzati. E anche se lo facessero non troverebbero appositi cassonetti per lo smaltimento. Il Comune dove approderebbero si chiederebbe perché far pagare più tasse ai cittadini per rifiuti prodotti da altri. Un circolo vizioso dovuto alla mancanza di un’apposita normativa che – da anni – sta facendo crescere sempre di più le quantità di immondizia nei nostri mari. Una catena malsana che ora però si è spazzata grazie al progetto ‘A pesca di plastica’.

“A pesca di plastica”

“Si tratta di un’iniziativa sorta nell’ambito di ‘Clean Sea Life’, un progetto europeo nato nel 2016 con l’obiettivo di contrastare l’accumulo dei rifiuti marini lungo le coste italiane, attraverso azioni di sensibilizzazione, diffusione di buone pratiche di gestione fra operatori e autorità e la promozione dell’impegno attivo nelle scuole” spiega Eleonora de Sabata, portavoce di Clean Sea Life.

Cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma ‘Life’, il progetto ‘Clean Sea Life’ terminerà nel 2020, ma già ad oggi ha portato “ottimi risultati grazie al prezioso esito ottenuto dall’iniziativa ‘A pesca di plastica’”. Si tratta di un progetto che “ha mobilitato l’intera flotta a strascico sambenedettese” sottolinea la portavoce. “In Italia non era mai stata impiegata una flotta così numerosa per la pulizia dei fondali”.

Ma come nasce tutto ciò?

“Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di far sì che nel nostro Paese venga varata una legge per stabilire come smaltire i rifiuti trovati in mare. Noi – evidenzia la portavoce – vogliamo fornire informazioni ai decisori politici per spingerli a fare qualcosa di concreto su questo tema”. Uno stimolo all’immobilismo legislativo che sta portando i nostri mari ad “affogare” nella plastica.

“Per questo nel 2017 abbiamo organizzato una serie di incontri, coinvolgendo i pescatori e le autorità locali di quattro porti italiani (Porto Torres, Manfredonia, Rimini e San Benedetto del Tronto), che hanno portato alla concretizzazione del progetto ‘A pesca di plastica”.

“La prima fase della sperimentazione – prosegue – è iniziata nel 2018. In una sola notte, trentaquattro pescherecci di Porto Torres, Rimini, San Benedetto del Tronto e Manfredonia hanno raccolto, insieme a triglie, polpi e canocchie, una tonnellata e mezza di spazzatura accumulata sui fondali che è poi stata smaltita a terra”. I dati, pur limitati a una sola giornata di pesca, hanno rappresentato un importante punto di partenza per la valutazione della natura e quantità dei rifiuti recuperati dai pescatori in aree molto diverse per natura del fondale e tipologia di pesca.

“Il valore di questa iniziativa va però ben oltre la quantità di spazzatura raccolta. Nei porti coinvolti, infatti, si è iniziato ad affrontare in modo integrato il problema dei rifiuti accumulati sul fondale. Il vero successo è stato avviare una collaborazione fra amministrazioni comunali, Autorità Portuali di Sistema, Capitaneria di Porto, aziende di smaltimento e i pescatori.

Il comune di San Benedetto del Tronto

Tutti determinati ad affrontare un problema forse poco visibile ma di grande impatto sull’ambiente” racconta la portavoce aggiungendo come “a San Benedetto del Tronto si è creata una situazione particolarmente favorevole: l’entusiasmo dei pescatori è stato immenso”.

Entusiasmo e voglia di fare da parte delle realtà sambenedettesi che hanno portato un semplice esperimento di una giornata a trasformarsi in un periodo di 6 mesi.

“Con il supporto di CNH Industrial e FPT Industrial e grazie alla collaborazione tra pescatori, aziende di gestione dei rifiuti quali PicenAmbiente e Garbage Service, Comune di San Benedetto, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale, Capitaneria di Porto e MedSharks è stato possibile prolungare il progetto per 6 mesi, raccogliendo così ben 20 tonnellate di rifiuti”.

Oltre ad aver pulito i nostri mari, però, l’iniziativa ha permesso anche di compiere passi in avanti nello studio del problema grazie a due analisi parallele, condotte da Clean Sea Life e  PicenAmbiente, sui rifiuti raccolti. Studi che hanno portato a capire da dove proviene e come può essere smaltita l’immondizia.

Risultati degli studi

Un’analisi a campione dei materiali sbarcati ha rivelato che oltre la metà (il 53%) è in plastica, il 13% in materiale tessile, l’11,5% metallo e gomma, il 4,6% vetro e il 4% rifiuti misti. La metà degli oggetti in plastica, il 48%, è costituita da oggetti monouso come buste di plastica piatti e bicchieri usa e getta. Il 34% del totale della plastica viene dai prodotti usati per la pesca. Fra il restante 18%, oltre a innumerevoli frammenti non identificabili, ci sono anche oggetti curiosi come una testa di un manichino o una tastiera da pc.

“Dalla navigazione proviene 28% dei rifiuti: oltre agli attrezzi da pesca anche latte metalliche di vernice, filtri e guarnizioni per i motori, cerate e stivali, guanti da lavoro e molti imballaggi alimentari stranieri. Anche le attività turistiche provocano l’accumulo di rifiuti in mare, come testimoniano i tanti oggetti rinvenuti legati al turismo balneare. L’analisi effettuata da PicenAmbiente ha registrato che il 22% dei rifiuti raccolti sono potenzialmente recuperabili (12% imballaggi in plastica, 5% ferro, 3% vetro e 1% alluminio), schiudendo la possibilità di inserire questi materiali nell’economia circolare” commenta la portavoce.

Che ruolo ha avuto il mondo politico?

Risultati importanti che hanno suscitato anche l’interesse del mondo politico. La scelta del periodo in cui si è svolta questa attività infatti non è casuale. Mentre Clean Sea Life e i suoi partners conducevano le loro analisi, nelle aule parlamentari si discuteva del disegno di legge ‘Salva mare’. Si tratta di un provvedimento che dovrebbe consentire ai pescatori di portare e conferire a terra i rifiuti che recuperano in mare.

“Lo scorso maggio – prosegue Eleonora de Sabata – l’onorevole Paola Deiana, co-relatrice del provvedimento è venuta a San Benedetto del Tronto per una riunione con tutte le realtà coinvolte nel progetto. Abbiamo discusso, le abbiamo presentato i nostri risultati e lei ha preso appunti per formulare un provvedimento basato sulla realtà”.

Inoltre, per l’importanza di questa esperienza, Clean Sea Life è stato convocato dalla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati proprio per l’esame del disegno di legge ‘Salva Mare’.

Il disegno di legge ha ottenuto l’ok della Camera. Ora si attende il Senato per far sì che – finalmente – i nostri mari tornino ad essere più puliti. E se tutto questo avverà è soprattutto grazie ai promotori del progetto ‘A pesca di plastica’.

 

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