Onnivori, vegetariani, vegani. Tutti hanno a cuore la qualità del cibo che mangiano oggi. L’agricoltura sinergica, sottogenere della permacultura, soddisfa questo bisogno. Non usa alcun tipo di prodotto chimico e non lavora il suolo, seguendo il principio del “vivere senza distruggere”. Si fonda sulle intuizioni e sperimentazioni dell’agronomo giapponese Masanobu Fukuoka e sul lavoro successivo di uno dei pionieri della permacultura, lo scienziato e naturalista australiano Bill Mollison. Negli anni Ottanta le loro scoperte sono state convogliate dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip in quelle che oggi sono le basi dell’agricoltura sinergica (adattata all’ambiente mediterraneo). Hazelip ha definito questa forma di agricoltura come la più naturale perché opera con le dinamiche di fertilità naturale del terreno.

Aldo Romozzi, dentista di professione e “agronomo” per passione, è una delle tante persone che hanno scelto l’orto sinergico per sostentare la propria famiglia. Il suo orto sinergico si trova tra le colline di San Ginesio, in provincia di Macerata.

“In Emilia Romagna sono stati riportati alla vita terreni con la metodica del ‘non fare’”, afferma. Ma in cosa consiste questo metodo?

‘Semi’ di agricoltura sinergica

La principale differenza tra agricoltura standard e sinergica è questa: la prima crede che i nutrimenti sottratti dalla pianta al suolo debbano essere reintrodotti in esso, la seconda sostiene il contrario. Secondo studi effettuati da Fukuoka negli anni Settanta, lungo la sua vita una pianta perde fino al 25% dell’energia prodotta con la fotosintesi all’interno del terreno sotto forma di essudati e cellule morte. Questi composti sono fonte di energia per i microrganismi che proliferano nella rizosfera (suolo a contatto con le radici) e che sono responsabili della mobilitazione di nutrienti necessari per le piante. Quindi le piante creano terreno fertile tramite i propri essudati radicali. Le interazioni vantaggiose tra piante e microrganismi sono ostacolate dalla maggioranza delle pratiche agricole.

“Il principio è ricreare un ambiente naturale”, informa il medico.

È vietato il ricorso a qualunque prodotto chimico per il raggiungimento di un perfetto equilibrio naturale. Non è prevista alcuna lavorazione del suolo perché la terra si lavora da sola tramite la penetrazione delle radici, l’attività di microrganismi, lombrichi, insetti e piccoli animali.

Romozzi coltiva nel suo orto (di cui una parte è sinergica, l’altra a coltivazione normale) insalate giapponesi, della famiglia dei cavoli, melanzane, prezzemoli, pomodori, daikon, fagioli. Le sue coltivazioni sono circondate da “buoni” insetti come miriadi di farfalle, attirate da specifiche piante, le buddleia, e api.

Struttura dell’orto sinergico

Conoscere la composizione del terreno è fondamentale per procedere all’impiantamento.

L’orto sinergico richiede la realizzazione di bancali, ovvero ‘aiuole’ rialzate, con terreno scavato in loco. La loro forma e altezza aiuta ad aerare il suolo compattato che non sarà più calpestato, dato che si utilizzeranno gli appositi passaggi per accedere ad essi. Si prepara col terreno del posto e si aggiunge del compost o del letame molto decomposto se povero di sostanza organica. Devono essere realizzati a mano con vanghe e badili.

L’irrigazione è a goccia. Si usano tubi fissati permanentemente al suolo con filo di ferro grosso piegato ad U, sulla sommità del bancale e sotto lo strato di pacciamatura. Questo sistema di irrigazione consente il risparmio dell’acqua e l’eliminazione di problemi conseguenti alla bagnatura della parte aerea delle piante.

La spagnola Emilia Hazelip Agricoltura sinergica

Emilia Hazelip ha ideato il metodo di coltivazione dell’agricoltura sinergica

La pacciamatura dei bancali è l’elemento distintivo dell’orto sinergico. Per crearla si ricorre a paglia biologica in genere, ma anche foglie (esclusi gli aghi delle conifere), residui vegetali di altre piante erbacee (senza semi), residui di potatura triturati, lana di pecora, segatura, cartone per alimenti. La pacciamatura è indispensabile perché biodegradandosi si trasforma in compost e permette lo sviluppo di miceli e batteri benefici per la coltivazione degli ortaggi. I suoi scopi sono: protezione del suolo da compattamento e dilavamento per vento, pioggia, sole, riduzione della perdita di umidità, facilitazione di colonizzazione e sviluppo lombrichi, protezione degli ortaggi dal gelo, controllo sulla diffusione di specie indesiderate.

Ultimo tocco, i tutori permanenti. Sono dei tondini di ferro ritorto da edilizia, resistenti alla pioggia e alle tempeste di vento. Si ficcano i tondini nel terreno ai lati dei bancali in modo da formare degli archi. Con un filo di ferro molto resistente si uniscono tutti gli archi da cuspide a cuspide, a diverse altezze, per fornire un supporto alle specie rampicanti, una guida ai pomodori, un sostegno alle piante con tanto fogliame, l’entrata di aria e luce e il contenimento delle specie ad elevato sviluppo in altezza.

Come funziona: uso delle erbe

Le coltivazioni del dentista sono difese da piante aromatiche per scacciare gli insetti come issopo, calendula e tagete.

È necessaria la programmazione di semine e trapianti per assicurare una copertura costante dei bancali in ogni periodo dell’anno con piante per l’alimentazione, aromatiche, ornamentali e officinali. Contro gli insetti si combatte con piante utili. La presenza di diverse famiglie di queste nello stesso bancale garantisce l’immunità da infezioni ed infestazioni come nelle monoculture. Da qui viene il termine “sinergico” per descrivere questo genere di agricoltura. Si deve difatti creare una “sinergia ottimale” tra piante appartenenti almeno a tre famiglie diverse tra cui:

  • almeno una leguminosa (fagioli, fave, fagiolini, piselli, ceci, lenticchie);
  • almeno una liliacea (aglio, cipolla, porro, scalogno).

Le leguminose fissano l’azoto atmosferico nel suolo grazie ad un batterio nelle loro radici. Le liliacee tengono lontani batteri e nematodi per le loro caratteristiche chimico-biologiche.

Le piante aromatiche si posizionano alle estremità dei bancali, mentre le piante ornamentali si possono mettere ovunque.

Le specie spontanee (comunemente chiamate “erbacce”) accertano una copertura costante dei bancali in ogni periodo dell’anno e sono da rimuovere solo quando soffocano le specie seminate o trapiantate.

La vicinanza delle piante ha un’influenza notevole ed è chiamata “consociazione”. Favorisce una migliore occupazione dello spazio, un migliore utilizzo dell’azoto atmosferico e uno sfruttamento dell’effetto protettivo nei confronti delle malattie.

Gli animali molesti non si toccano perché utili

Romozzi alza la testa e indica una casetta per il rifugio dei pipistrelli durante il giorno. “Mangiano una gran quantità di insetti di piccole dimensioni di notte, quindi sono utili.”

L’obiettivo dell’agricoltura sinergica è di creare e conservare le condizioni ambientali favorevoli per le specie animali che effettuano un controllo naturale delle specie dannose. Oltre ai pipistrelli, ci sono gli uccelli insettivori e quelli che mangiano topi, ratti e arvicole. Per servirsene bisogna o installare dei nidi artificiali o cavità artificiali negli alberi.

Il nostro medico si è avvalso pure dell’aiuto di anatre corritrici indiane, che “tengono pulito l’orto da lumache, insetti ed erbe infestanti”. Dai suoi escrementi, inoltre, si ottiene un fertilizzante organico naturale.

Per quanto riguarda i mammiferi, i ricci si nutrono di lumache, bruchi e altre larve di insetti, coleotteri.

“Prossimamente riempirò d’acqua questa ‘voragine’ di terreno e vi inserirò dei rospi per proteggere ulteriormente le piante”, riferisce il medico. Il rospo comune e quello smeraldino sono formidabili divoratori di lumache ed altri invertebrati.

Anche i rettili, come lucertola campestre e muraiola e il serpente biacco, aiutano nello smaltimento di topi, arvicole e ratti assieme ad aracnidi ed insetti predatori, questi ultimi una rarità dovuta alla semplificazione ecologica degli ambienti agricoli e dell’uso dei pesticidi.

Per agevolare la proliferazione di questi animali, è vitale conservare alberi ed arbusti vicini all’orto, realizzare nuove siepi e filari alberati con specie autoctone, creare cumuli di pietre, rami e foglie in aree riparate e poco frequentate, gestire piccoli cumuli di sabbia nel terreno o dentro vasi, esposti al sole e liberi dalla vegetazione, realizzare piccole pozze con vegetazione acquatica autoctona e prive di pesci.

Masanobu Fukuoka è stato un botanico giapponese, pioniere della agricoltura naturale.

Le piante non muoiono una volta maturate

“Ad eccezione di carote, ravanelli, agli, cipolle, le radici devono rimanere dentro il terreno perché rappresentano la guida per altre piante.”, spiega Romozzi, “Mantengono quello strato di 15 cm della rizosfera necessario allo sviluppo della vita”.

Occorre non sradicare le piante al momento della raccolta, pure quelle spontanee (tranne la gramigna), e lasciare che le radici si decompongano nel suolo.

I semi usati sono biologici come anche i mezzi usati per aiutare la crescita delle piante nei primi anni. Quelli più gettonati sono il macerato d’ortica per rafforzare la resistenza delle piante e tenere alla larga gli insetti, il decotto di equiseto selvatico contro le malattie fungine, l’estratto di pomodoro per mandare via le cavolaie dai cavoli, il decotto di menta contro le formiche, il decotto di bucce di cipolla contro acari e malattie fungine.

La pacciamatura favorisce la presenza di lumache che si catturano tramite delle assi di legno per offrire agli animali luoghi bui e umidi in cui rifugiarsi durante il giorno. Un altro problema sono arvicole e talpe che possono causare danni alle coltivazioni. Se non ci sono gatti o pipistrelli, si inseriscono piccole bottiglie con con il fondo infilato nelle entrate delle tane e nelle gallerie con l’apertura verso l’alto. Crea del vento molesto che si propaga nelle tane. L’alternativa sono ciuffi di peli di cane.

“Dopo due o tre anni, se viene creato un buon equilibrio, la natura si difende da sola”, conclude Romozzi.

Donatella Rosetti

 

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