In questo articolo affronteremo il tema degli Agritessuti partendo da una riflessione sull’impatto ambientale dell’industria della moda. Presenteremo brevemente un progetto messo in campo da CIA-Agricoltori Italiani a sostegno della filiera del tessile Made in Italy 100% sostenibile. Ad impreziosire il tutto, la testimonianza di Doriana Marini, presidente di Federmoda CNA Marche e CEO & Co-founder dell’impresa Dienpi.
Industria tessile: l’impatto sull’ambiente
L’industria della moda è la seconda industria più inquinante al mondo, dopo quella del petrolio. Questo dato va considerato sotto vari punti di vista, sia come processo di produzione di capi d’abbigliamento sia dal punto di vista del singolo capo d’abbigliamento.
E’ responsabile del:
- 20% dello spreco di acqua: basti pensare che per fare un paio di jeans servono 10.000 litri d’acqua; per fare una t-shirt 2.700 litri d’acqua;
- 10% di emissioni di gas serra, che equivale all’intero traffico aereo mondiale.
Inoltre, l’industria tessile nella fase di produzione utilizza circa 2.000 sostanze chimiche. La fibra più usata è quella sintetica, soprattutto il poliestere che è un composto della plastica. Quest’ultima non si degrada in discarica e ad ogni lavaggio rilascia delle fibre piccolissime, microscopiche, indistruttibili che prima o poi finiscono nel mare.
Agritessuti: da scarti agricoli a capi d’abbigliamento ecosostenibili
Il connubio tra agricoltura e moda è uno dei legami più antichi della storia dell’umanità. Oggi rappresenta il simbolo di sostenibilità e l’esempio concreto di come gli scarti alimentari possono essere impiegati nuovamente per la realizzazione di capi d’abbigliamento. Stiamo parlando degli Agritessuti.
Si potrebbe definire “la moda che fa bene all’ambiente“. Un comparto Green che crea tessuti partendo dalle foglie del carciofo bianco, dalle tuniche delle cipolle ramate, dalle scorze del melograno fino ai ricci del castagno, passando dai residui di potatura del ciliegio e dell’ulivo.
Con materiali naturali si possono, inoltre, tingere i tessuti. Ad esempio, l’azzurro può essere ricavato dall’indigo, tintura naturale ricavata dall’essiccazione e frantumazione delle foglie dell’Indigofera Tinctoria (diffusa soprattutto in India). Ancora, dall’avocado si ottiene un colore rosa tenue, mentre dal cavolo rosso ricaviamo un rosa acceso.
Secondo dati recenti, il 50% degli italiani è disposto a pagare di più per capi ecofriendly.
Il progetto “Donne in Campo”
E’ doveroso citare, in questo contesto, l’ecostilista Eleonora Riccio, testimonial del progetto Agritessuti, marchio di filiera di Donne in Campo. La sua moda etica ha incontrato il favore di CIA-Agricoltori Italiani, associazione di imprenditrici per l’agricoltura. Lancia una filiera del tessile Made in Italy 100% sostenibile. Le creazioni eco-friendly della designer hanno sfilato per la prima volta in passerella lo scorso settembre a Roma.

Progetto “Donne in campo” CIA
Secondo la Cia, la produzione di lino, canapa e gelso da seta oggi coinvolge circa 2mila aziende agricole in Italia, per un fatturato di quasi 30 milioni di euro se si considerano anche le attività connesse.
[ Fonte: Il Sole 24 ore ]
Le parole di Doriana Marini sugli Agritessuti
Per entrare nel vivo dell’argomento, abbiamo deciso di rivolgerci ad una delle maggiori esperte del settore della moda ecosostenibile nelle Marche: Doriana Marini, presidente di Federmoda CNA Marche, è da oltre 15 anni nel mondo della sostenibilità con la sua impresa Dienpi.

Pend. in tessuto filato ortica Pluriball per imballaggi – Dienpi
“Questa tendenza è emersa inizialmente nei paesi europei. Ora si è estesa anche in Italia e in tutto il resto del mondo perché l’aria che si respira è quella” afferma Doriana. “Noi come azienda siamo soddisfatti proprio perché da 18 anni stiamo lavorando in tale ambito. Quello che prima era solo un discorso di nicchia, adesso è arrivato anche nelle intenzioni dei marchi più importanti.”
Le loro ricerche non si limitano ai tessuti ma anche a tutti i tipi di materiali (finte pelli, tessuti, carte..). “Nell’ultimo anno – ci spiega- c’è stata un’impennata di aziende, ma perlopiù startup che hanno avviato dei progetti di ricerca e sperimentazione sulla produzione di materie prime che derivano da sostanze organiche, che possono essere derivati dell’agricoltura piuttosto che dal riciclo di scarti sia di natura di cibo piuttosto che di altre tipologie di scarti”.
I progetti eco-friendly in Italia
Molti i progetti a livello regionale e nazionale che stanno crescendo in tal senso, fino ad arrivare ad industrializzare un prodotto che ha una certa omogeneità da partita a partita e quindi può essere scelto come materia prima per fare delle produzioni.
Un esempio concreto è il progetto Frumat: l’azienda altotesina ha messo a punto la produzione di un articolo finta pelle che al suo interno ha degli scarti di lavorazione della mela. Viene già utilizzata per produrre calzature, piccola pelletteria o componenti per l’industria della moda.
I progetti eco-friendly nelle Marche
“Alcuni marchi nel nostro territorio da tempo utilizzano le piante tintoree che si usavano nel medioevo per tingere i tessuti” ci conferma Doriana. “Parlo del guado, ossia l’indaco naturale, e dello zafferano“. Possiamo citare “La Campana” (Montefiore, AP) come esempio concreto di azienda agricola marchigiana che ha reintrodotto la coltura del guado.

Retrocinta in lino e cellulosa – Dienpi
I progetti di Dienpi
“In Dienpi stiamo utilizzando la finta pelle mela per produrre etichette per i pantaloni, principalmente per i jeans” aggiunge Doriana.

Sacchetto stampato su tessuto in fibra latte
“Poi ci sono altri tessuti che variano dal tessuto ortica, al tessuto al latte e al tessuto all’ananas. Stiamo producendo carte artigianali fatti con gli scarti dei tessuti post produzione, quindi facciamo la carta seta, la carta lana, la carta cashmere, la carta semi (con semi di prato che poi possono nascere)”.

Retrocinta in pelle mela incisa con maylar vari
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