Riprendersi dopo il terremoto non è facile quando lo Stato offre un minuscolo aiuto ed in molti casi è assente. Le attività ricettive marchigiane hanno vissuto e vivono duramente questa situazione. Molti hanno chiuso, diversi versano in ristrettezze, altri stringono i denti e cercano di andare avanti nel bene o nel male. Tre racconti di persone che stanno resistendo, hanno cambiato luogo ed hanno riavviato l’attività non perdendosi d’animo.

Silvia Fronzi, Il Vecchio Molino, Pieve Torina (MC). Nel 2015 il Vecchio Molino è diventato di proprietà di Silvia Fronzi, una giovane donna che lo gestisce da sola. Il suo ristorante ha ricevuto un duro colpo in seguito al terremoto del 24 agosto perché Pieve Torina vive di solo turismo. Ad ottobre l’attività cominciava a riprendersi quando l’ulteriore forte terremoto di fine mese ha portato via ogni speranza di ripresa. “All’inizio avevo pensato di chiudere”, confessa Fronzi, “ho riaperto per le famiglie che avevano bisogno di aiuti e quelle che erano rimaste senza casa”. Gruppi di soccorritori, polizia, militari e vigili del fuoco hanno ricominciato a frequentare la struttura. I pompieri sono diventati i suoi avventori più assidui e il ristorante ha stretto una convenzione con loro per offrirgli un servizio di mensa. Tanto lavoro, molti gli aiuti delle persone da tutta Italia tramite un annuncio Facebook, ma pochi contributi da parte dello Stato.

“Dovevo pagare personale e fornitori e lo Stato mi ha pagato finora soltanto novembre e dicembre”, commenta. L’ultimo pagamento è arrivato a maggio e il prossimo di gennaio dovrebbe arrivare tra una decina o quindicina di giorni. “Spero non sia una lotta ottenere gli altri come lo è stato finora”. A Pieve Torina non ci sono ancora le casette, la cui consegna era prevista per aprile. Le persone che sono rimaste si sono attrezzate di tasca propria. “È necessario far tornare la gente per ripopolare il paese e farlo ripartire”, suggerisce. Militari e vigili del fuoco se ne vanno e Fronzi non sa cosa le riserva il futuro: “Vivo giorno per giorno sperando in bene”.

Ristorante Il Tiglio a Porto Recanati

Enrico Mazzaroni con lo staff del Tiglio davanti al nuovo ristorante di Porto Recanati

Enrico Mazzaroni, Il Tiglio, Montemonaco (AP), ora a Porto Recanati (MC). Il Tiglio di Montemonaco è un ristorante rinomato per l’alta cucina del suo chef Enrico Mazzaroni. “Il 24 agosto avevamo avuto le prime scosse ma i locali erano rimasti assolutamente illesi”, riferisce Mazzaroni. Dopo un breve periodo di crisi, con minore affluenza, le cose sembravano essere tornate alla normalità quando è arrivata la scossa della mattina del 30 ottobre. “Il ristorante ha ceduto. Un po’ di travi si sono spaccate ed è stato dichiarato inagibile”. Il titolare ha chiesto aiuti allo Stato per spostare l’attività, che ancora dopo ben otto mesi non sono mai arrivati. “Volevamo pure ricostruire il locale ma in questo senso ci vorranno anni perché bisognerebbe buttarlo giù e rifarlo”. Non sono pervenuti nemmeno i 5.000 euro promessi per la cessata attività.

Il ristorante ha perso molto denaro, dato che andava forte in tutte le stagioni. “Ci siamo riorganizzati grazie ad un imprenditore di Porto Recanati, che voleva aprire un ristorante, e ce ne ha dato la gestione”, rivela. A metà giugno, infatti, il ristorante sarà riaperto. Lo chef ammette che è dura abbandonare le sue zone. “Purtroppo era impossibile trasferire Il Tiglio in un container perché era un posto elegante, ci saremmo accontentati pure delle casette di legno, di cui avevamo fatto richiesta, ma non ci sono state consegnate”, fa notare rammaricato. Il Tiglio sarà riscostruito ma ci vorranno “quattro o cinque anni”. Mazzaroni si dice comunque ottimista per la riapertura del ristorante a Montemonaco.

Renzo Budassi, Il Nido dell’Aquila, Monte Cavallo (MC). Renzo Budassi ha riaperto il suo ristorante l’8 Aprile grazie all’aiuto del sindaco Pietro Cevoli del suo paese. Adesso l’attività si svolge in due locali di legno di 90 metri con un grande spazio esterno. Dopo il sisma si era attrezzato con una cucina mobile e aveva continuato a fare da mangiare per terremotati e vigili del fuoco. “Il sindaco mi ha espressamente detto di non andare via per effettuare servizio mensa alla Protezione Civile”, ricorda Budassi. Questi si è opposto alla delocalizzazione del ristorante in un container ed il primo cittadino lo ha soccorso facendosi dare la differenza dei soldi e reinvestendoli nelle strutture in legno di una ditta di Treviso. Adesso ha 120 posti a dispetto dei 50 del passato. “Sono stato fortunato perché ho avuto sempre lavoro. Adesso addirittura ho clienti in più per l’aumento della capienza e tanta solidarietà dalle persone che hanno letto della mia storia sui giornali”, ammette. A Monte Cavallo arriveranno presto le casette e Budassi si dice fiducioso nel futuro, “basta che ci si dia da fare”.

Renzo Budassi

La riapertura del ristorante il Nido dell’Aquila di Renzo Budassi nei due nuovi locali in legno